L’arte in famiglia: come il design è entrato nelle case italiane

Londra 1851: è in corso la Great Exhibition, l’esposizione universale di tutto il meglio della cultura materiale e industriale dal mondo. Per la prima volta, in piena Rivoluzione Industriale, viene utilizzato un nuovo termine: design. E con design intendiamo la possibilità di studiare oggetti, forme, materiali, strumenti e soluzioni per rendere migliore la vita degli esseri umani nei loro ambienti quotidiani.

Sono passati quasi due secoli da quel momento, e oggi il design è un argomento più forte che mai. Ecco come questa tendenza è entrata nelle case italiane.

Italia terzo pilastro

Per quasi un secolo dopo il 1851 sono state Inghilterra e Germania a curare in modo maniacale e sempre più interessante il concetto di design degli oggetti e degli spazi d’uso comune. Poi, nel dopoguerra, l’Italia si è inserita in questo universo ed è di fatto diventata il terzo pilastro mondiale della categoria.

I motivi storici sono quelli del boom economico: le famiglie hanno iniziato a guadagnare di più, hanno curato in modo più attento i propri spazi domestici (anche desiderose di normalità dopo le atrocità della guerra), l’aumentare della popolazione ha richiesto di ripensare gli spazi urbani e gli oggetti d’uso comune, dalle nazioni più progredite sono arrivati elettrodomestici incredibili che miglioravano la vita di tutti quanti.

Dopo gli anni in cui il design è stato quello industriale e bellico, questa tendenza arriva nelle case comuni: complementi d’arredo, tessuti, piccoli elettrodomestici, radio, TV, strumenti da cucina si fanno più funzionali, più interessanti, usano materiali nuovi, e superato il momento della necessità è intervenuta la ricerca del bello, dell’accattivante, del divertente da usare e da guardare.

Così è nato il bel design all’italiana, accompagnato dall’espressione “made in Italy” coniata nel 1948, che da auto, moto, navi e aerei si è espanso a caffettiere, macchine da scrivere, posateria, divani e luci.

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Dalla Triennale alle case

Fin dagli anni ‘50 e ‘60 il design è arrivato agli italiani come una nuova espressione ibrida tra l’oggetto comune e l’arte: raffinatezza, ricercatezza dei materiali, inviti importanti tra i nomi che hanno firmato uno stile e rappresentazioni sempre più scenografiche hanno definito questi anni, in cui però il design era ancora un vanto degli addetti ai lavori o della borghesia più agiata.

Sono gli anni della Triennale di Milano, delle esposizioni, dei grandi nomi di Nizzoli, Fontana, Castiglioni che firmano il disegno di nuovi oggetti d’uso comune, uniti ad un tocco di stile che rende queste opere più pezzi d’arte che d’uso quotidiano.

A partire dagli anni ‘70 accadono due cose che cambiano per sempre il modo di approcciare il design in Italia: la plastica diventa un materiale facile da usare, leggero, economico e durevole, alla portata di tutti (produttori e acquirenti) e l’interesse per quel bizzarro mix di moda, arte e quotidianità esplode.

Gli spazi domestici si stringono per far posto a sempre più cittadini: diventa indispensabile modificare l’aspetto degli ambienti, allargandoli il più possibile e rendendoli ariosi, freschi. Nasce l’open space, con le sue infinite possibilità di arredo.

Parte una caccia all’ultimo modello di macchina da scrivere, di sedia, di tavolino, di lampada da interno, di bicchiere: il design è diventato definitivamente di massa, è possibile acquistarlo anche al di fuori dei circoli dell’arte, le esposizioni si moltiplicano, gli showroom diventano negozi classici dei centri città, tutte le stanze di casa, dal soggiorno al bagno meritano di essere curate con un occhio più attento.

Il design è finalmente alla portata di tutti.

XXI secolo

Sono tre le tendenze che gli esperti del design oggi identificano come predominanti:

  • i social condizionano il nostro gusto, proponendoci nuove alternative, suggerimenti, forme e colori: gli appassionati mettono in mostra il proprio gusto influenzando, direttamente o indirettamente, il gusto collettivo;
  • la sostenibilità diventa un valore fondamentale nel design: produrre meno per produrre meglio, ridurre le emissioni, combattere gli sprechi e limitare le emissioni nocive sono nuovi capisaldi non solo del disegno industriale, ma delle catene produttive fino all’acquisto e al riciclo degli oggetti;
  • la comunicazione del design richiede una nuova visibilità, perché oggi si acquista online: le aziende devono quindi sforzarsi ugualmente tanto nella produzione quanto nella comunicazione, che diventa sempre più particolareggiata, creativa, intuitiva e affascinante

L’esistenza degli e-commerce, come ad esempio https://shopdecor.it/, è l’aspetto che a noi affascina maggiormente. Oggetti lontani, ma renderizzati in ambienti assolutamente concreti. Fotografie straordinarie, descrizioni accattivanti, recensioni di altri utenti dal mondo che ci danno un’idea di come quell’oggetto sia ancora prima di averlo toccato, tecnologia logistica, costi più contenuti e cataloghi sterminati tra cui scegliere: sono decine gli aspetti di cui varrebbe la pena parlare che hanno cambiato il modo in cui percepiamo il design oggi.

I siti stessi diventano design: la user experience, cioè lo studio scientifico di come dev’essere fatto un sito che aiuta gli utenti, che li appassiona e li conduce ad un acquisto più semplice, è l’immaterialità che diventa sostanza.

Dalla concretezza delle automobili, fino a quella degli arredamenti, e poi infine ad una rivoluzione del digitale e dell’immateriale: il design continua ad essere arte al servizio della vita quotidiana. E oggi, probabilmente, più celebre e amato che mai.

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